
Molti lemmi di Wikipedia sono scritti con grande cura. Tra questi c’è anche quello dedicato a Robert Walser. Interessante è la sezione in cui si parla del suo accoglimento in Italia, paese in cui lo scrittore svizzero trova molti estimatori. Scopriamo che a Torino c’è un teatro a lui intitolato, così come una libreria a Roma. C’è forse però una città inaspettata tra i luoghi walseriani d’Italia: Macerata.
Non è per una affinità con Biel, città natale di Walser; non per il fatto che essa sia confrontabile per demografia con i suoi scarsi 60.000 abitanti, la popolazione tra l’altro a cui aspirava Macerata nelle previsioni dei suoi vecchi piani regolatori; non è per il fatto che anch’essa sia stata per Walser luogo da cui fuggire per assecondare l’ambizione alla ricerca di una ricca vita culturale nella grande città (Berlino in primis) come avviene a Macerata dove verso i sedici o diciassette anni si rivela naturale iniziare a puntare gli occhi altrove, a Bologna o a Milano, per esempio… tralasciando il fatto che spesso da lì si ritorni con sogni traditi.
Macerata ha segni walseriani nel logo della sua casa editrice più prestigiosa: Quodlibet (notiamo con sorpresa che in una città così piccola e sonnolenta ve ne sono almeno tre con un alto riconoscimento a livello nazionale). Al nome si accompagna infatti il profilo dello scrittore con l’ombrello in mano, la silhouette del passeggiatore indefesso che, come dice il suo alter ego de La passeggiata nel camminare ritrova il sentimento del mondo, pensieri fruttuosi e l’antidoto all’avvizzimento. Ma non finisce lì perché passeggiando tra i segni e le storie incontriamo nel cofondatore di Quodlibet un traduttore di Walser in Italia che, lanciatosi in una nuova impresa editoriale in compagnia del poeta Danni Antonello, poi tristemente scomparso, ha pubblicato come primo libro della neonata casa editrice le memorie di Kurt Wolff, editore tra gli altri dello stesso Walser e maschera dietro cui questi si cela sui social (lungi da chi scrive il fare osservazioni censorie in merito per ovvi motivi). Una maschera che scherma una figura meno impettita e smilza dell’editore tedesco (di cui stanno per ricorrere i sessant’anni dalla morte) con un volto perfettamente ovale decorato da una barba rada e coronato spesso da un bel Panama. Un volto non appariscente come quello di tanti che a Macerata, segretamente o meno, vivono di carte. Tra questi un bibliotecario conterraneo di Borges, una signora dai lunghissimi capelli imbiancati, minute vecchiette che non perdono una presentazione, poeti che sedettero in consiglio comunale o altri con occhi chiari, una barba ingrigita e la condanna di una sigaretta sempre a portata di mano, studenti e docenti, correttori di bozze, traduttori e collezionisti. Li si possono trovare a prendere un bianco al bar o a frugare vecchie carte sotto i portici di Corso Matteotti, sempre meno tristemente percorsi.
Dei segni walseriani la città ha infatti perso il più naturale, quello dei frequentatori ispirati a loro insaputa dalla nullafacenza di Simon Tanner, dei perdigiorno che senza darsi appuntamento gironzolano. E via via che se ne vanno i passeggiatori si perde il luogo.
P.S. Ho piacere di riportare questo articolo sicuramente molto più interessante di quello che avete letto per rientrare nella libreria a cui velatamente si è fatto cenno: https://www.rivistailmulino.it/a/la-libreria-giometti-antonello




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