Mossi da grande curiosità prendiamo in mano il volume Estranei alla terra di Jose Tolentino de Mendonça, edito da Crocetti, che contiene due raccolte del poeta e cardinale portoghese: Strada Bianca (2005) e Teoria della frontiera (2017). Poche frasi captate negli scorsi mesi hanno acceso l’interesse: “La poesia è una forma di apostasia, una professione di incredulità nell’onnipotenza di ciò che è visibile” scrive l’autore che in apertura rivela anche che, sempre la poesia, segue le premesse della guerriglia urbana non permettendo il riconoscimento di tutti gli elementi. Si nasconde e guizza e sfugge. Insomma, per quanto non particolarmente attratti da ciò che è ribelle per il puro gusto di esserlo (come certe forme musicali che dai ghetti urbani poi conducono agli attici extralusso e ai catenoni d’oro) si è valutato meritevole leggere quei versi e sondare cosa fosse questa apostasia messa su carta da un principe della Chiesa. Che il Prefetto per il Dicastero per la Cultura e l’Educazione sia un ribelle scapigliato ci risulterebbe strano.
Subito ci fermiamo ad una delle più stranianti poesie recentemente lette (ammettiamo che la colpa è anche nostra dal momento che andiamo sempre a pescare dall’assodata e canonizzata eccellenza) e non troviamo temi di Scapigliatura, avversaria del cattolicissimo e tradizionalista Manzoni, quanto più il tema della perdita di capelli:
La Repubblica
Solo Dio li avrebbe contati
ma la pubblicità dei prodotti Bioscalin
garantisce inquietanti miracoli tricologici
e rivela
sono centotrentamila i capelli che abbiamo in capo
Quando ci si imbatte in questi pochi versi sorge la domanda: ma davvero costui è una delle voci più interessanti della poesia in lingua portoghese? Increduli rileggiamo. Poi un’altra volta ancora. Prima di dire che probabilmente la lingua portoghese meriterebbe voci ben più interessanti decidiamo di stare al gioco, perché è uno scherzo, vero?

Sfidiamo il testo nella sua apparente prosaicità. Intanto il cardinale in poche parole ricorda l’azione di Andy Warhol con la zuppa Campbell, chiama nel campo dell’arte le confezioni bianco e verde del farmaco accompagnate nelle diverse farmacie quasi sempre dalla bionda chioma del direttore d’orchestra Beatrice Venezi, divenuto personaggio oggetto di polemica politica che tralasciamo. Dal momento in cui è arrivata l’illuminazione non possiamo non immaginare serie di confezioni di flaconi ordinatamente esposti in mostra sotto gli sguardi interessati di galleristi all’avanguardia. E’ materiale umile o becero per far poesia, non è edificante? Forse sì, ma con grande ironia il poeta prova a renderlo tale. E se qualcuno ha la pazienza di andarsi a leggere il libro di cui si trattava nell’ultima nota (La via delle api) troverà un bel capitolo dedicato all’immagine di un grande palazzo regale costruito da interpretazione e pensiero edificato sopra fogne e liquami.
E’ evidente il tema: i capelli. Ma poi è evidente che, oltre la banalità del verso fatto alla pubblicità data per miracolosa, si apre una sfida. Da una parte Bioscalin che promette miracoli e dall’altra Dio chiamato in causa. Il Vangelo ha una certa attenzione per i capelli. Nel capitolo 10 di Matteo, quello in cui si istituisce la missione dei Dodici non senza parole molto aspre e avvertimenti verso le durezze del mondo, al versetto 30 si dice che i nostri capelli sono tutti contati e il Padre che di noi conosce tutto, capello per capello, certo non si disinteresserà di noi. E in Matteo 5, 35 si intima mitezza e franchezza perché siamo poco più di niente, incapaci di rendere bianco o nero un solo capello. Piano quindi con i giuramenti, piano con le promesse e attenti all’idolo, che sia il desiderio dei bei capelli, vanità tra le tante, vanità di vanità perché, anche Qohelet (11, 10) ammonisce:
Caccia la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.
In sintesi, ognuno scelga a chi affidare i propri capelli, se ancora li ha, e se ha modo legga anche alcuni dei bei versi della raccolta.





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