Questa che avete incontrato non è una vera e propria rivista ma ci piace chiamarla così. Ha un unico autore e quindi per correttezza dovrebbe essere un Blog. L’intitolazione è legata a Robert Byron che, morto a soli 35 anni, è passato alla storia come scrittore di viaggio. La via per l’Oxiana, il suo libro più famoso, era un compagno di strada per Bruce Chatwin. A Byron ci si vorrebbe idealmente richiamare per cogliere quello spirito di curiosità e passione, quel meraviglioso dilettantismo, seppur elitario, dei viaggiatori inglesi acuti sulle cose del mondo.

Chi è l’autore di questa rivista? Non importa. Chi scrive è un dilettante che, diversamente da Byron e sodali, non può contare su una posizione di privilegio, vive di altre occupazioni a tempo pieno e combatte quella sana battaglia contro la perdita di tempo per poter prendere in mano libro, carta e penna. Scrive e legge per desiderio ed urgenza. Non ha titoli per insegnare e indirizzare il dibattito culturale, non ambisce a coglierne i grandi disegni ma preferisce seguire piccole vie particolari, percorsi di senso e connessioni minute.

Difficilmente chi scrive potrà avere un occhio competente verso l’immediata attualità e l’avanguardia, verso ciò che ancora si sta delineando all’orizzonte. Più facilmente chi scrive sarà come l’angelo della storia di Benjamin, trascinato in avanti dal progresso ma rivolto all’indietro. Con le spalle verso il futuro vede il tempo passare, magari lo sente sulla propria pelle come vento o formicolio, ma quando passa l’istante e si fa realtà assodata inizia a riconoscerne o delinearne i tratti. Chi scrive è lento, inattuale e anche banale. Si orienta col senso della simpatia verso le cose siano esse un autore, una parola, un luogo. Non ha nulla contro gli studiosi titolati e non fa dei suoi limiti un vanto.

Byron era un viaggiatore, cultore di arte ed architettura, principalmente. In ciò che si tratterà, principalmente letture, sarà quindi naturale avere anche un’attenzione particolare ai luoghi ideali e fisici, stanze ed edifici, alle cornici della vita. E se l’essenza ed il valore dell’architettura sta, come ci insegna Bruno Zevi, nello spazio che i suoi elementi individuano più che in questi ultimi, vale ancor di più uno spazio caricato di senso e di significati.