Agli esordi di questa rivista così ci impegnammo:

Diamo avvio qui, non sapendo se ne daremo mai conclusione, ad una serie di appunti che seguono una rilettura continuativa, a 125 anni dalla nascita, di Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo, per brevità di seguito indicato come Borges. [https://byroncult.com/2024/03/16/letture-borghesi-00-premessa/]

In tutta onestà all’impegno venne affiancata la possibilità del fallimento. Lasciamo quest’ultimo ancora alla possibilità, non ancora esito, perché aggrappandoci alle trame del tempo confidiamo nel successo dell’impresa. L’anniversario dei quarant’anni dalla morte, nel 2026, può essere un traguardo ragionevole. Nel frattempo scrutiamo intorno a noi l’apparire di altre note, minute o corpose, degli altri appartenenti alla “società segreta e benevola” [cit. da Tlön, Uqbar, Orbis Tertius] che costruisce da anni il mondo di finzione del signor Borges – siamo davvero certi che esista uno scrittore argentino che così si chiama? Qualcuno conosce la fisionomia di Omero? 

Raccogliamo allora il libro di Vittoria Martinetto, Un incontro fantastico. Borges e Nolan, Quodlibet, 2025. Nelle premesse il saggio non è pensato per addetti ai lavori, ma per amanti e, si sa, agli amanti piace che si parli cercando di tenere insieme e accogliere. Il libro, ci dice l’autrice, docente di Lingue e Letterature Ispanoamericane presso l’Università di Torino, nasce dall’intuizione di tenere insieme due elementi distanti per farne una trattazione unica senza la pretesa di assoluto rigore scientifico. Durante un corso dedicato a Borges arriva l’intuizione di far parlare lo scrittore con il regista Christopher Nolan. Scelta azzardata? Trovata bizzarra e ammiccante dopo il successo di Oppenheimer come la serie dei titoli in libreria sulle filosofie dei telefilm o dei fenomeni più pop? Lasciando stare che forse cominciò Umberto Eco con la fenomenologia di Mike Bongiorno – ora di una collana di studi su Pippo Baudo, Corrado Mantoni, Getty Scotti e Carlo Conti non ne sentiremmo il bisogno – a noi non appare balzana l’idea, anzi! Se Borges è riuscito nel febbraio del 1969 a conversare su una panchina a nord di Boston, a Cambridge, davanti al fiume Charles, con un altro Borges più giovane che stava sedendo su una panchina di Ginevra a pochi passi dal Rodano, perché non può farlo oggi con un più giovane suo lettore che per mestiere fa il regista cinematografico? Il libro mette in parallelo i due autori, maestri di due diversi linguaggi, legati però alla stessa vocazione della scrittura di congegni narrativi che poco lasciano all’improvvisazione gestuale. Il parallelo non è peregrino anche perché a conoscere meglio Borges si scopre che finché la vista lo accompagnò rimase affascinato dal cinema e allo stesso modo la lettura di Borges non è un accidente da poco in Nolan. Il parallelo si articola su quattro temi che così sono intitolati nelle sezioni del libro: ‘Confutazioni del tempo’, ‘Lo spazio del labirinto’, ‘Sogno e/è realtà’, ‘Uno nessuno centomila’.  Nella lettura restiamo più coinvolti nelle pagine dedicate allo scrittore argentino, soffrendo di una certa ignoranza cinematografica dato che non conosciamo tutti i film di Nolan, verso i quali non può non scattare una immediata attrazione. Come in Borges Nolan lancia la sfida al lettore/spettatore a cogliere i rimandi e i molteplici livelli e ciò ci affascina. Conoscerlo meglio attraverso questo bel saggio aumenta la possibile profondità di visione dei suoi film. La ricchezza e complessità in questi due autori è tema importante e dissentiamo in questo dall’autrice quando dissentendo a sua volta da Umberto Eco scrive:

[Borges] È un enciclopedista che trama labirinti di storie utilizzando tasselli di una cultura che raggira con ironia, senza mai prendersi troppo sul serio. Anche se Umberto Eco non sarebbe affatto d’accordo con me – «Borges o lo leggi a livello alto oppure non capisci niente: in questo senso non è un autore popolare, è un autore d’élite»
Si sa che è più comodo appoggiarsi a chi ha più peso, ma non per questo parteggiamo per la posizione di Eco. Borges è ‘difficile’ e il gusto in Borges è quello che lasciarsi condurre sui suoi percorsi come su un nastro di Moebius, tenere il controllo finché si può, capire dove getta una luce o cosa evoca nel suo gioco, divertirsi nell’equilibrio della scelta tra il credere a tutto e comprendere l’inizio della finzione. Attendiamo allora qui la replica dell’autrice che potrebbe scagliarci addosso il suo ‘campione’ Carlo Rovelli perché, se teniamo desta la mente a capire dove stia l’inganno per distinguere ciò che esiste e ciò che non esiste allora con il fisico, appoggiandosi ad alcune parole del suo ultimo libro [Carlo Rovelli, Sull’uguaglianza di tutte le cose. Lezioni americana, Adelphi 2025], Vittoria Martinetto potrebbe dirci:

La domanda metafisica fondamentale «cosa esiste?» a me, scienziato, sembra mal posta e vuota. Il verbo « esistere » ha una grande varietà di usi e significati diversi, in contesti diversi. Non ve n’è uno più fondamentale degli altri. Esiste un burattino a cui cresce il naso quando dice le bugie. Sì, esiste, è Pinocchio. No, non esiste, è solo una fantasia di Collodi. Sono entrambe risposte corrette, in cui “esiste” è impiegato in un senso diverso.

Chiedersi cosa esiste nel mondo non significa nulla. C’è un senso in cui esistono i gatti, un senso in cui esistono gli atomi, un senso in cui esistono i numeri, un senso in cui esistono i quanti di spazio, un senso in cui esistono i sogni. Discutere se i numeri esistano o meno è una discussione di cui non ho mai capito il punto. […]  Le cose esistono tutte, egualmente, in relazione alle altre, ciascuna a modo suo – un modo da capire.

L’autrice del saggio ricorre spesso alle parole del fisico e divulgatore veronese, chiamando a far dialogare nel suo confronto anche la scienza dove Borges, pur confessando inadeguatezza, trovava materiale matematico per le sue costruzioni letterarie. Non è nuovo riscontrare come i concetti scientifici illuminino la comprensione ed il gioco letterario. E’ banale ma necessario evocare ad esempio quello della Relatività o del Principio di indeterminazione. Nel libro di cui stiamo parlando viene chiamato particolarmente in causa il concetto quantistico di entanglement, quel fenomeno in cui particelle anche lontane “misteriosamente” si influenzano. Come Borges e Nolan, nella tesi del libro.

Per concedere però a Vittoria Martinetto che, giustamente, Borges può essere avvicinato anche senza cumuli di lauree, troviamo utile estrapolare dalla sua bibliografia il libello di Alan Pauls, da lei spesso citato, che ha i meriti di essere una guida preziosa e semplice per entrare in Borges [Alan Pauls, Il fattore Borges, Edizioni Sur, 2004]. L’autrice nella ricca scrittura del suo saggio vuol tenere insieme complessità e precisione di informazione con letture personali e attenzione a chi non è esperto. E’ colloquiale di tanto in tanto. Da snob britannici quali siamo strabuzziamo gli occhi quando leggiamo che un certo racconto è «di genere poliziesco (secondo le regole, ma anche no).» “Ma anche no” si può scrivere? La Crusca ne disserta e scopriamo che anche un presbitero di Santa Romana Chiesa, quella che ha il latino come lingua ufficiale, ne fa il titolo di un suo libro.

Forse allora siamo noi quelli antiquati.

Una replica a “Borges e Nolan in dialogo (magari su una panchina)”

  1. Avatar Vittoria Martinetto
    Vittoria Martinetto

    Grazie. Mi ha divertito molto questa vostra lettura. È una delle tante possibili, ci aiuterebbe a dire il mio amico Rovelli. Ed è pure lusinghiera perché sottolinea e accetta, dal pulpito del suo British snobismo, che la mia scrittura riesca a mettere insieme precisione e informazione ma anche attenzione a chi non è esperto, il tutto condito con espressioni colloquiali che riflettono il mio personale approccio a un Borges Blockbuster. Era proprio ciò cui aspiravo! VM

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